CollezioneDipintiMadonna in Gloria tra i santi Luca e StefanoAutore: Pittore ignotoData: Prima meta' del XVI secoloDimensioni: 254x190 cmTecnica: Dipinto su tavolaProvenienza: Lamezia Terme , Seminario Vescovile, Deposito |
Il dipinto conosciuto anche come Madonna delle Grazie occupava la parete di fondo della Chiesa Veterana, inserito in un fastoso altare barocco di legno intagliato e dorato, distrutto insieme ad altre opere pittoriche durante i lavori di sistemazione dell'edificio, avvenuti negli anni sessanta. L'opera è citata nella relazione della visita apostolica di Paolino Pace avvenuta il 17 febbraio del 1769: ‘’In Altari Majori venerantur Imagines pictae B.M.V., SS. Lucae et Stephani” (foglio 45 e 46 degli Atti, conservati presso la Biblioteca del Seminario). Parti furono ridipinte nellottocento e secondo l’Ardito fu ‘‘barbaramente ritoccata”. Perso l’originario inserimento per la distruzione dell'altare ligneo, la tavola giaceva in un totale stato di abbandono e d'incuria, appoggiata ad una parete della chiesa poteva facilmente essere trafugata, mentre l'inidoneo ambiente accresceva il degrado del supporto ligneo e la caduta della pellicola pittorica. Pertanto è stata opportunamente rimossa e collocata in un luogo protetto e si è intervenuti con una operazione di conservazione della superficie pittorica, in attesa di un adeguato restauro. Il dipinto risulta più antico dell’altare seicentesco, noto per documentazione fotografica, lavoro d'intaglio ligneo di bottega locale, mentre la tavola non trova alcun riferimento con I'esperienza artistica regionale. Si può così ipotizzare che l’altare sia stato realizzato in un secondo tempo, forse per impreziosire maggiormente il dipinto. Ciò è avvalorato dall'aggiunta, in sommità della tavola, di elementi lignei che riportano la forma arcuata a quella rettangolare, elementi di cui restano alcune parti che evidenziano I'operazione aggiuntiva, per la diversità del legno e per la grossolana decorazione. Motivazioni stilistiche inducono a collocare la tavola nella prima metà del XVI sec. Possiamo anche supporre che l'opera fu commissionata dalla Confraternita di S.Maria, istituita nella Veterana, in seguito all'importante evento che eleggeva la chiesa a luogo di indulgenza con Bolla di Paolo III del 5 marzo 1542. L'ipotesi viene avvalorata dal fatto che nel documento pontificio, tra i giorni di indulgenza concessi, si ritrova la festa di Santo Stefano, santo presente nella scena dipinta. L'evento divino, presentato con calma compostezza, realizza una serena atmosfera di contemplazione, tanto che il dramma della crocefissione, appena accennato, è assorbito dalla dolcezza dell'insieme. Una ponderata composizione geometrica coordina ogni elemento rappresentato. Primario riferimento geometrico è il cerchio dato dall'arco della tavola in alto e dall'andamento delle nuvole in basso. In tale perfetta figura geometrica è contenuto il corpo di Maria e nel centro ricade il ventre della Donna e la delicata congiunzione della sua mano con il piede del Figlio. Lungo il diametro orizzontale sono poste le teste dei Santi che con quella della Vergine compongono un triangolo iscritto nel cerchio, ma la sospesa perfezione celeste ricade sulla terra con i corpi di Stefano e Luca. Un asse verticale, che parte dalla corona, discende collegando le mani del Bambino, il centro del cerchio e il legno verticale della croce. Tale asse regola la rispondenza simmetrica tra i settori laterali ed indica un procedere dal piano celeste al piano terrestre, legando I'azione dei confratelli oranti e genuflessi sul suolo all'evento divino. Il rigore compositivo è sottolineato da alcuni particolari figurativi: la palma di S.Stefano e la penna di S.Luca seguono la circonferenza, un libro mantiene la verticalità della rigida tunicella, l’altro si adegua alla diagonale del panneggio e del braccio alzato. L’armonia è ancora più esaltata dal colore steso con timbri delicati, dai gesti controllati e dalle serene espressioni dei volti; particolarmente intenso è lo sguardo della Vergine che con dolcezza capta quello dell'osservatore. La tecnica d'esecuzione e le descritte caratteristiche compositive portano a riconoscere nell'opera la raffinata cultura del cinquecento che manierava la poetica rinascimentale, procedendo nella progettazione dell'opera con classico senso di misura attraverso il quale ogni impulso emotivo veniva annullato per legare la visione celeste ad una bellezza di tipo intellettuale e contemplativo. |
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